venerdì 1 ottobre 2010
pensieri nictemerali...
ieri sera tardi, mentre stiravo con la tv accesa più per compagnia che  per altro (chi mi conosce sa che a parte qualche raro programma, per me è  un elettrodomestico non indispensabile) , pensavo ai paradossi della  nostra società.. paradossi che gli uomini hanno costruito: mi chiedo  :<< ma com'è possibile che delle persone che "giocano" a palla, e  persone che si dedicano all'intrattenimento (attori, presentatori,  soubrettes, se ne esistono ancora di vere, autentiche e capaci) ricevano  compensi, onori e privilegi così alti rispetto a persone che occupano  impieghi così duri, faticosi psico- fisicamente ed emotivamente come ad  esempio operai, lavoratori dell'igiene ambientale, insegnanti, che  spesso sono chiamati ad educare e star dietro a figli non seguiti dai  genitori, ricercatori che hanno nel loro di DNA la missione di  migliorare le generazioni, infermieri che ogni giorno sono esposti a  contatti e pericoli occupazionali!!! ma come è stato possibile che si  instaurasse questa disparità? e poi c'è chi dice che siamo sulla stessa  barca???che i sacrifici bisogna farli tutti? a me pare siano sempre gli  stessi ad esser chiamati a tale compito. Ma quale barca? lo Yacht del tu  figliolo???
MA IL NONNETTO DOVE LO METTO?
Una violenza da incubo torna a scuotere le nostre coscienze altamente  imperfette rispetto a un argomento scomodo come la terza età. In un  paese toscano, in provincia di Massa Carrara, una poveretta di 75 anni  malata di Alzheimer è stata in balìa di un’aguzzina, una quarantenne  italiana sua vicina di casa, ingaggiata come badante. Il dubbio che  qualcosa non stesse andando per il verso giusto se lo è fatto venire la  figlia dell’anziana signora, quando si è accorta dei lividi sparsi sul  corpo della mamma. Le forze dell’ordine hanno quindi piazzato delle  telecamere che hanno impresso le sequenze punitive dell’aguzzina, che  alla sua indifesa vittima ha inflitto schiaffoni mentre mangiava, pugni  nello stomaco mentre si coricava e anche morsi.
Gli utilissimi vecchi, preziosi finché autosufficienti soprattutto come baby sitter e tuttofare, quando sono in difficoltà diventano spesso un “peso”. Fra mille giustificazioni sociali e personali, il Paese che nel mondo è stato emblema della famiglia patriarcale, del legame di continuità e di reciproca assistenza di generazione in generazione, ancora non si decide a fare i conti seriamente con questa difficile, enorme realtà che non può essere affrontata e risolta alla voce “badanti”. Andrebbero ripensate le città, che dovrebbero essere in grado di offrire strutture - e parliamo di “case” e quartieri interi, non di cronicari dai melliflui nomi al cloroformio - sviluppate in tutto e per tutto nel segno della terza età, in cui l’anziano possa vivere con dignità anche le sue fragilità, con l’assistenza medica, infermieristica e domestica a disposizione. Utopie? No, sono realtà che in alcune città (del Nord) già esistono e funzionano molto bene.
Che lo si ammetta o no, esiste una sorta di rimozione collettiva rispetto alla vecchiaia.
Esiste ancora qualcuno, sincerità per favore, che sulla spiaggia ci porta pure nonno o nonna o non preferisce, piuttosto, sentirsi “libero” in vacanza e delegare qualcun altro, nella maggior parte dei casi badanti stranieri ed estranei alla famiglia, alla cura del parente più bisognoso? Nella parte più difficile e precaria della vita, quella in cui ci si vorrebbe sentire più aggrappati alle proprie radici, succede spesso il contrario. Per motivi di lavoro o per altre ragioni, tutti hanno altro da fare e quasi nessuno può sacrificarsi, se non economicamente: zero, o quasi, le possibilità di coinvolgere zii, cugini eccetera. Per vedere famiglie al completo spesso bisogna attendere occasioni come matrimoni, funerali o spartizioni pacifiche dai notai o litigiose in tribunale. E intanto i vecchi sono sempre più soli.
In senso più ampio e al di là dell’età anagrafica, quello che succede ai nostri anziani è una cartina di tornasole: avanza la solitudine dell’individuo, più che mai nell’epoca di internet, affollatissima di occasioni, in apparenza. Tempi tosti, questi, anche per tanta gente giovane, che non può contare sull’affetto e sulla presenza della famiglia, ma nemmeno sugli amici. Perché magari non ce ne sono, degni di questo nome. Tanto da doverseli cercare a pagamento: ora si possono infatti noleggiare presenze (in siti specializzati) che in cambio di denaro ti stanno a sentire fornendoti l’illusione di un rapporto umano. Ecco, la terza età e la giovane età cominciano a presentare qualche somiglianza: nel disagio sociale e nell’isolamento, nella naturale brutalità con cui la compagnia esiste finché c’è convenienza, quando le persone non fanno più comodo o, peggio, hanno bisogno, si buttano via. Proprio come si fa con la spazzatura nel Terzo Millennio: affidata a contenitori ad hoc. Ma pur sempre buttata.
(Germana Cansolari)
Gli utilissimi vecchi, preziosi finché autosufficienti soprattutto come baby sitter e tuttofare, quando sono in difficoltà diventano spesso un “peso”. Fra mille giustificazioni sociali e personali, il Paese che nel mondo è stato emblema della famiglia patriarcale, del legame di continuità e di reciproca assistenza di generazione in generazione, ancora non si decide a fare i conti seriamente con questa difficile, enorme realtà che non può essere affrontata e risolta alla voce “badanti”. Andrebbero ripensate le città, che dovrebbero essere in grado di offrire strutture - e parliamo di “case” e quartieri interi, non di cronicari dai melliflui nomi al cloroformio - sviluppate in tutto e per tutto nel segno della terza età, in cui l’anziano possa vivere con dignità anche le sue fragilità, con l’assistenza medica, infermieristica e domestica a disposizione. Utopie? No, sono realtà che in alcune città (del Nord) già esistono e funzionano molto bene.
Che lo si ammetta o no, esiste una sorta di rimozione collettiva rispetto alla vecchiaia.
Esiste ancora qualcuno, sincerità per favore, che sulla spiaggia ci porta pure nonno o nonna o non preferisce, piuttosto, sentirsi “libero” in vacanza e delegare qualcun altro, nella maggior parte dei casi badanti stranieri ed estranei alla famiglia, alla cura del parente più bisognoso? Nella parte più difficile e precaria della vita, quella in cui ci si vorrebbe sentire più aggrappati alle proprie radici, succede spesso il contrario. Per motivi di lavoro o per altre ragioni, tutti hanno altro da fare e quasi nessuno può sacrificarsi, se non economicamente: zero, o quasi, le possibilità di coinvolgere zii, cugini eccetera. Per vedere famiglie al completo spesso bisogna attendere occasioni come matrimoni, funerali o spartizioni pacifiche dai notai o litigiose in tribunale. E intanto i vecchi sono sempre più soli.
In senso più ampio e al di là dell’età anagrafica, quello che succede ai nostri anziani è una cartina di tornasole: avanza la solitudine dell’individuo, più che mai nell’epoca di internet, affollatissima di occasioni, in apparenza. Tempi tosti, questi, anche per tanta gente giovane, che non può contare sull’affetto e sulla presenza della famiglia, ma nemmeno sugli amici. Perché magari non ce ne sono, degni di questo nome. Tanto da doverseli cercare a pagamento: ora si possono infatti noleggiare presenze (in siti specializzati) che in cambio di denaro ti stanno a sentire fornendoti l’illusione di un rapporto umano. Ecco, la terza età e la giovane età cominciano a presentare qualche somiglianza: nel disagio sociale e nell’isolamento, nella naturale brutalità con cui la compagnia esiste finché c’è convenienza, quando le persone non fanno più comodo o, peggio, hanno bisogno, si buttano via. Proprio come si fa con la spazzatura nel Terzo Millennio: affidata a contenitori ad hoc. Ma pur sempre buttata.
(Germana Cansolari)
Poesia bellissima
Bambino,
se trovi l'aquilone della tua fantasia
legalo con l'intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
che portino la pace ovunque
e l'ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell'acqua del sentimento.
Alda Merini
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