lunedì 16 febbraio 2009

Leo Buscaglia: panacea per lo spirito e per il corpo

Condividere, in amore, non significa tenere il bilancio di chi fa questo o quello, di chi fa più di un altro. Vi sono momenti in cui dobbiamo dare di più di quanto riceviamo, ma ve ne saranno altri in cui avremo bisogno di ricevere più di quanto saremo in condizione di donare. (da Nati per amare, Leo Buscaglia).


Due persone non possono incontrarsi neanche un giorno, prima di quando saranno mature per il loro incontro...
Questa frase incornicia la mia storia d'Amore... sia io che lui dovevamo affrontare un processo di cambiamento... di ulteriore crescita

Finché lasciate la vita nelle mani di altri, non vivrete mai. Dovete assumervi la responsabilità di scegliere e di definire la vita.

Impara ad ascoltare. Non impari niente ascoltandoti parlare.

L'amore non esige perfezione ma impone sincerità.

L'amore sottoposto alla costrizione non tarda ad appassire; la libertà è la sua vera essenza. È incompatibile con l'obbedienza, la gelosia, la paura. Esso è puro, perfetto, sconfinato solo quando i suoi seguaci vivono in un rapporto di fiducia, parità e riserbo.

Lasciarsi sfuggire l'amore è lasciarsi sfuggire la vita.

Noi possiamo trasformare la disperazione in speranza, e questa è una magia. Possiamo asciugare le lacrime e sostituirle con i sorrisi.

Se diventate vivi, se attraversate il mondo a passo di danza, facendo cose pazze, diventate affascinanti e restate affascinanti.

State molto attenti con i vostri sogni, perché corrono il rischio di avverarsi

Quando io ti amo e tu mi ami, siamo l'uno come lo specchio dell'altro, e riflettendoci l'uno nello specchio dell'altro, vediamo l'infinito.

Voi siete meravigliosi, voi siete magici. Come voi ci siete soltanto voi.

Si può dare soltanto ciò che si ha... e l'unica ragione per avere qualcosa è donarla.

L'essenza dell'educazione non è imbottirvi di fatti, bensì aiutarvi a scoprire la vostra unicità.

Abbiamo dimenticato cosa sia guardarsi l'un l'altro, toccarsi, avere una vera vita di relazione, curarsi l'uno dell'altro. Non sorprende se stiamo morendo tutti di solitudine.

Il post odierno nasce dalla mia necessità di ritrovare la serenità e trovare nuove sorgenti di pace, di letizia... mi sono appesantita tanto, caricandomi dolori e difficoltà altrui e non lasciandole andare completamente... ho nell'animo ancora l'Ilaria bambina, innocente, volitiva, caparbia e che ripone speranza nella giustizia, nelle persone, ed alle volte quella bambina inciampa nella paura, nelle provocazioni di taluni e talune. Perde l'equilibrio quando, distraendosi, perde di mira quella mano sicura e forte, quella luce calda e foriera di gioia e felicità
Ho pensato subito all'energia che ho saputo trarre anni fa dagli scritti di Leonardo Buscaglia... erano anni non facili, ma ce la feci allora e ce la farò adesso e nel futuro. Mi aspetteranno momenti non belli... ma io sarò molto più bella e forte di loro.

martedì 10 febbraio 2009

GIORNI DELLA MEMORIA DI 2 ECCIDI TRA I PIU' NOTI

27 GENNAIO
IL GIORNO DELLA MEMORIA DELLO STERMINIO EBRAICO


10 FEBBRAIO
IL GIORNO DELLA MEMORIA DELLE FOIBE

il 10 febbraio è la giornata dedicata al ricordo di tanti (10000-12000) Connazionali trucidati dall'esercito di tito.
Su Rai storia (digitale terrestre) è possibile seguire la trasmissione " La storia siamo Noi", dedicata all'argomento. Invito tutti a farlo, perchè l'istruzione, l'informazione è un DOVERE-DIRITTO CIVICO.

Destra e Sinistra. Nero o Rosso, Bianco o Giallo non dovrebbero nemmeno esistere.
Politici sempre pronti a strumentalizzare eventi di cronaca, crisi economiche solo per "capricci istituzionali" ed a riempirsi pance e portafogli con i soldi della gente onesta e lavoratrice e con le lacrime di genitori doppiamente straziati dalla loro tragedia familiare: VERGOGNA!!!

Riflettiamo e Meditiamo tutti assieme, accomunati da un profondo senso etico, laici e religiosi assieme, settentrionali e meridionali assieme (le posizioni geografiche sono sempre "relative"), autoctoni ed immigrati assieme, affinchè la storia e le storie di ciascuno ci arricchiscano e ci rendano migliori, più saggi nell'animo.

A tutti coloro che con ipocrisia e troppa superficialità hanno criticato un PADRE...Libertà di scelta, per tutti.

Caso Englaro Il padre
Beppino: ora è libera Ho fatto tutto da solo
Il viaggio verso Udine. In Friuli avrà la scorta


— La tua bambina, gli ha detto il dottor De Monte. E non c'è stato bisogno di dire molto altro, perché non l'aveva mai chiamata così. Beppino Englaro ha capito cosa c'era dietro quel gesto di sensibilità, ha pensato a Saturna che sta sempre più male, a come dirglielo. E ha pianto, cos'altro poteva fare un padre che ha appena perso la sua unica figlia, che si prepara a rimanere solo per il tempo che gli rimarrà? «Ci ha lasciato, adesso voglio stare da solo» ha detto, e a noi che lo chiamavamo in continuazione riusciva di percepire non più di qualche frase in mezzo alle lacrime.

Piange Beppino Englaro, che si è impedito di farlo per diciassette anni, che nelle foto di quel 1992, le ultime con sua figlia viva, appare quasi in carne, con i lineamenti rotondi. La durezza fredda che si è imposto per andare avanti si era trasmessa anche alla sua faccia, diventata quasi una maschera metallica, le occhiaie di chi non dorme e abita perennemente un incubo, il profilo sempre più aguzzo. Sua figlia cambiava, il suo corpo si rattrappiva, anche Beppino lo faceva, dentro e fuori. «Sarebbe l'arma atomica, lo so. Vedendo le foto di Eluana com'è oggi, tante persone starebbero finalmente in silenzio. Ma non lo farò mai».
Ancora ieri mattina ci ha parlato così, riferendosi all'unico tabù che conservava per se stesso. «Vede, ormai, al punto in cui sono arrivato posso avere contro anche il mondo intero, e non me ne importa nulla. C'è solo una cosa che mi renderebbe debole e bucherebbe la corazza che mi sono costruito. Io non posso avere contro Eluana Englaro».
C'era, c'è stata in tutti questi anni, un'altra promessa nascosta, l'ultimo segreto tra un padre e una figlia, qualcosa da custodire in silenzio. «Quando tornò dall'ultima visita al suo amico in coma, mi disse che non avrebbe mai voluto rimanere in quello stato. E mi fece promettere che se fosse successo mai avrei dovuto mostrarla in quelle condizioni».
La promessa a una figlia vale più di ogni cosa, di ogni ingiuria, insulto, di qualunque «Beppino boia» sentito gridare in diretta al telegiornale, cinque minuti dopo che De Monte ti ha detto che Eluana non c'è più. Sarebbe bastato davvero poco. Raccontare le palpebre perennemente a mezz'asta sugli occhi, le pupille vuote, il naso che sembrava sproporzionato su una faccia che si era rinsecchita come il resto del corpo.
Pesava meno di 40 chili, Eluana. Le braccia e le gambe erano rattrappite, poteva giacere solo di lato perché a pancia in su rischiava di soffocare per i liquidi che salivano da uno stomaco atrofizzato e incapace di trattenerli. Era appoggiata sul lato destro del corpo e questo le causava spesso piaghe da decubito sulla guancia, le lacerazioni di una pelle che si fa di carta velina, quelle che ai vecchi vengono sul sedere o sulla schiena, lei ce le aveva anche in faccia.
Gli ispettori del ministro Sacconi, nella hall dell'albergo, prima di tornare a Roma, non riuscivano a togliersi dalla testa l'immagine del corpo di Eluana. Sarebbe bastato poco, davvero. Ma non è un boia, Beppino Englaro. È un uomo che ha smesso di vivere insieme alla figlia, tanto tempo fa, che ha scelto di morire ogni giorno, insieme a lei. Chiunque ci abbia passato cinque minuti insieme sa quali abissi di dolore nascondevano quelle occhiaie, sempre più marcate in un profilo ogni giorno più affilato. Sa com'era difficile sostenere lo sguardo di quest'uomo che non voleva si scrivesse delle sue debolezze, dei suoi momenti di sconforto.
Un padre annientato che si è fatto carico della volontà della figlia, scegliendo la strada più dura da seguire in un posto come l'Italia, combattere a mani nude, senza mai chiedere a un dottore di adottare un sotterfugio di morte, come avviene nelle corsie di tutta Italia. «Adesso — riesce a dire al telefono — so che qualcuno si scatenerà contro i dottori che hanno seguito Eluana. Voglio che si sappia che sono io l'unico responsabile, sono io che ho portato questa storia fin qui. Agli amici, e ne ho trovati tanti in questi anni, chiedo di non preoccuparsi per me. Non voglio essere cercato, ho bisogno di stare solo. Avrei liberato il corpo di Eluana, che ormai era diventato ostaggio di mani altrui».
È a Lecco, Beppino Englaro, dove oggi avrebbe dovuto partecipare a un processo in cui gli volevano togliere la patria potestà. Cerca di ricomporsi, al telefono con il colonnello che lo chiama per le condoglianze e poi gli annuncia che appena entrato in Friuli gli verrà assegnata una scorta, «perché sa, la situazione è particolare».
Beppino lo ha ascoltato dicendo dei «sì» cortesi, con voce bassa. «Non so ancora a che ora parto, devo prima vedere com'è la situazione di mia moglie» ha detto. Senza farlo pesare, che c'è un'altra tragedia nella sua vita, che oggi lui muore con Eluana ma il suo calvario non finisce. Si sente il rumore di un treno che passa, la casa degli Englaro affaccia su una ferrovia. «Si figuri colonnello, non darò nell'occhio, glielo prometto. Sono un po' disorientato, ho bisogno di sedermi». La scorta, come un delinquente che ha fatto qualcosa di malvagio. L'ultima umiliazione, per un uomo che giorno dopo giorno ha scontato l'inferno peggiore, vedere una figlia che sorride solo da foto remote. Ci sarà il funerale, non finiranno le vane parole. «Devo restare solo, ho bisogno di respirare». Chi lo conosce sa che questa non è una liberazione, non per lui. «Avevo fatto una promessa» dice. L'ha mantenuta, anche se in questi anni la sua ragione di vita è rimasta appesa a sua figlia. «Mi sento spaesato. Devo rimanere solo, ho tante cose a cui pensare» è il suo congedo. Sono in tanti quelli che pensano che in fondo non voleva che sua figlia se ne andasse. «Certo che soffrirò, ma cosa c'entra?». Era tutto per lei, non per me, ripete, e la voce si fa tenue. «Ho sopportato molto, in questi anni». Ma doveva andare avanti, dice, dovevo mantenere la promessa. E infine liberarla, la sua bambina.

Marco Imarisio10 febbraio 2009 (corriere della sera.it)

venerdì 6 febbraio 2009

Eluana.... una fragile, forte esistenza

Cara Eluana,
era tanto che desideravo scrivere di te...
ho deciso di farlo attraverso una lettera virtuale, immaginando che tu possa leggerla.
Seguo da sempre le vicissitudini tue e della tua famiglia, e da medico so già che potrei trovarmi di fronte a situazioni più o meno simili alla tua, ed ancor prima , da essere umano mi potrei trovar davanti a vicende così complesse dal punto di vista scientifico ed etico.
Dolce e solare Eluana, tutti noi siamo abituati al sorriso che sfoggiavi da ragazzina, così piena di vita ed entusiasmi, ma ben 17 anni sono trascorsi da quel terribile incidente, che ha falciato la tua vita, riducendola ad un paradossale filo di nylon, trasparente, ma così resistente da lasciare la tua anima in sospeso tra la terra e cielo. Il tuo volto, il tuo corpo non sono più quelli che siamo abituati a vedere... sei nel limbo oramai da 17 anni... tutta la tua famiglia è nel limbo, al tuo fianco... vorrebbe la pace eterna per la tua anima, per il tuo corpo.
Perchè Eluana? perchè vivi sospesa? perchè non hai completato il tuo viaggio?
Nonostante la poesia delle mie prime righe, nascente dalla mia emotività interiore, Sono una persona molto razionale che ragiona, cerca risposte, ma non freneticamente, perchè non sempre ce ne sono... ognuno, in base al proprio credo, al proprio essere, può trovarle in :<<>>... oppure in :<<>>.
Io, cara Eluana, una proposta non ce l'ho... certo è che cerco le mie risposte nell'immanente, perchè è ciò che vivo, tocco e sperimento ogni giorno. Vedo tuo padre, penso alla tua mamma, ai tuoi cari, e rivolgo a loro molti dei miei pensieri di solidarietà e di stima per quanta forza abbiano avuto in tutti questi anni, coi loro sguardi sospesi a metà, rassegnati al non poter più ascoltare le tue fragorose risate, i tuoi discorsi, ma stanchi di non poterti ancora garantire la solennità della pace eterna e di continuare a vederti legata "a e da" flebo, cateteri, sacche di papponi.
Vorrei tanto che tutto si risolvesse naturalmente... che ogni tua cellula terminasse il suo stand-by pluriennale e che tu possa librarti nell'aere... libera finalmente di poter andare.
Ti penso e ti abbraccio virtualmente.

Ilaria

io quest'uomo lo adoro... lettera del mio Rettore

Si trasmette per conto del Magnifico Rettore -------------------------------------------------------------- Alle Docenti e ai Docenti, Al Personale Tecnico e Amministrativo, Alle Studentesse e agli Studenti dell'Università degli Studi di Padova Siamo giunti ormai in prossimità delle Feste di Natale. Sta per finire un anno difficile, come del resto difficili sono stati anche quelli che lo hanno preceduto. E non sarà certo più facile quello che fra pochi giorni inizierà. Abbiamo tutti – ne sono convinto – la serenità interiore che ci proviene dalla consapevolezza di avere svolto anche quest’anno il nostro lavoro – ognuno nella propria funzione – con serietà, con impegno, con dedizione. E questa è la nostra forza. Vengono da qui i risultati davvero straordinari che anche quest’anno abbiamo conseguito, fornendo un servizio didattico di qualità ai nostri studenti, e continuando a primeggiare nella ricerca in moltissimi ambiti disciplinari. Lunedì scorso il Consiglio di Amministrazione ha approvato all’unanimità il Bilancio di previsione 2009: non solo è un bilancio in sicuro pareggio e senza alcuna preoccupazione di deficit presenti o futuri, ma vede crescere ancora di circa 12 milioni l’investimento dell’Ateneo per finanziare la ricerca; questi fondi aggiuntivi portano complessivamente a oltre 37 milioni di euro la massa finanziaria che per questo prossimo anno siamo stati in grado di mettere a disposizione delle Colleghe e dei Colleghi grazie ad una gestione oculata e “virtuosa” del nostro Ateneo, nonostante continuiamo ad essere sottofinanziati dal Ministero per circa 30 milioni di euro ogni anno! Abbiamo assunto (e su questa strada, con equilibrio, continueremo) centinaia di giovani ricercatori che da anni attendevano di uscire da una situazione di insostenibile precarietà, così come abbiamo trasformato in contratti a tempo indeterminato il rapporto di lavoro di centinaia di persone che con la loro professionalità contribuiscono in modo fattivo al raggiungimento dei risultati positivi che caratterizzano l’Ateneo sul piano della didattica e su quello della ricerca. Per il quarto anno consecutivo non aumenteremo la tassazione studentesca. E manterremo l’impegno, come da alcuni anni riusciamo a fare, di erogare la borsa di studio a tutti gli studenti che ne hanno diritto. Continuiamo nella realizzazione di un importante e impegnativo piano edilizio, con un tasso di indebitamento per contrazione di mutui assolutamente fisiologico in percentuale sul nostro bilancio e in rapporto al Fondo di finanziamento ordinario a noi attribuito. La amministrazione dell’Ateneo continua a realizzare consistenti risparmi sulle spese di gestione corrente, cosa di cui ringrazio personalmente in modo particolare il nostro Direttore Amministrativo. Dobbiamo continuare su questa strada. Solo in questo modo riusciremo a restare all’altezza della nostra tradizione. E non dovremo rinunciare a combattere ancora con energia e grande determinazione la battaglia già avviata a livello nazionale perchè finalmente abbia fine la situazione attuale di disparità di trattamento tra gli Atenei quanto a sostegno finanziario pubblico. Alcuni di questi Atenei, come Padova, non accettano più di vivere ed operare in un Paese dove il merito e la qualità non vengono mai riconosciuti, e dove invece sistematicamente di fatto chi gode di ingiustificate “rendite di posizione” continua ad approfittarne, a spese di chi si spezza la schiena per evitare che la nostra Italia finisca fuori dall’Europa e dalla comunità dei Paesi avanzati. Ci auguriamo che il patrio Governo riveda nei prossimi mesi le scelte sbagliate di riduzione indiscriminata dei fondi pubblici agli Atenei. Ci impegneremo a fondo perchè la ragionevolezza (e la giustizia!) prevalgano sulla forza degli interessi precostituiti e sconfiggano l’insipienza e la improvvisazione che traspare dalla recente manovra finanziaria estiva per quanto riguarda le università. “Avanti tutta” sulla strada seguita sin qui, dunque! Buon Natale e Buon 2009 a tutti, alle famiglie, agli affetti di ciascuno! Per il nostro antico Ateneo il futuro non sarà indegno del passato glorioso! Ad maiora! Vincenzo Milanesi